Zaccheo faceva un mestiere che lo rendeva odiato da tutti. Era il capo dei pubblicani, ebrei che riscuotevano soldi per conto dell’odiato potere romano. Per di più erano disonesti, aggiungevano una percentuale su ciò che era dovuto. La gente aveva tutte le ragioni di questo mondo per detestarli. Il vangelo ci informa inoltre che Zaccheo si era arricchito grazie a questa attività. Quindi un uomo doppiamente deprecabile.
Però stranamente questo personaggio così spregevole vuole vedere Gesù, e per fare questo sale su un albero. Il Signore lo nota. Qui si vede quanto lo sguardo di Gesù sia diverso dal nostro. Là dove tutti vedono semplicemente un uomo cattivo e da evitare, Gesù vede invece il suo dolore, la sua coscienza di essere “sbagliato”, diverso da come dovrebbe essere. Allo stesso tempo vede il suo desiderio di un impossibile perdono e di una vita diversa, redenta. Gesù vede tutto questo, e dice: «Zaccheo (lo chiama per nome) scendi subito perché devo fermarmi a casa tua». Andare a casa di qualcuno significava in qualche modo compromettersi con quella persona, era un gesto inequivocabile di amicizia. Questa è la grazia, ciò che manda all’aria tutti i nostri schemi, tutto il nostro buon senso: Gesù mostra che per lui non esiste l’uomo irrimediabilmente perduto.
Il finale è che Zaccheo cambia. Ed è interessante la conclusione: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa», Ma chi è entrato in quella casa? Gesù stesso. È lui la salvezza in persona. E aggiunge: «Perché anche egli è figlio di Abramo». La salvezza che porta Gesù è una comunione con lui ma anche un riammettere nel popolo di Dio colui che altrimenti ne sarebbe escluso.
Don Davide