Pagina difficile e inquietante quella del Vangelo di questa domenica. Ma anche un immenso messaggio di consolazione di fronte a tutto il male che sembra dominare la storia dell’umanità. Ci vengono messe davanti agli occhi diverse immagini, una più terribile dell’altra: Gerusalemme distrutta, giusti perseguitati, falsi messia, terremoti, carestie, guerre, sconvolgimenti cosmici.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Gesù non intende fare una cronaca della fine del mondo, ma usa delle immagini familiari a un’israelita di duemila anni fa. In quell’epoca si era infatti sviluppata in tante persone una visione apocalittica, cioè la convinzione che Dio stesse per intervenire nel mondo chiudendo una fase della storia per aprirne una totalmente nuova. Insomma uno sconvolgimento totale del mondo conosciuto e l’inizio una nuova era. Gesù pesca a piene mani da questo immaginario collettivo. E lo fa per dire che viviamo dentro una storia incompiuta e drammatica. Le cose vanno molto diversamente da come dovrebbero andare e così la storia appare molto spesso un tragico teatro di violenza, disordine, sopraffazione, ingiustizia. Pagina attualissima dunque.
Poi però Gesù introduce un “ma”: «Ma neppure un capello del capo andrà perduto». Cosa c’è di più insignificante di un capello del capo? E poi nella seconda parte del discorso (purtroppo non riportata nella liturgia di questa domenica) parla della venuta del Figlio dell’uomo alla fine della storia: «Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria … risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Questa storia così martoriata è nelle mani di Cristo. Lui è il salvatore, il Signore di ogni vita, di ogni storia e di tutta la storia. La nostra vita e quella di ogni uomo vanno verso Cristo. Il senso della storia è l’incontro pieno e definitivo con lui. In questo incontro tutto troverà salvezza, compimento e senso.
Don Davide