Un anno è davvero lungo e a tutti capita di stupirci quando pensiamo a quante cose sono successe in questo arco di tempo: avvenimenti belli e brutti, nuovi incontri e amicizie, perdite importanti, fatti che mai avremmo pensato potessero riguardarci. L’inizio di un nuovo anno è fatto di speranza e di timore, ecco perché ci viene spontaneo farci reciprocamente gli auguri.
Anche la Chiesa ci augura un “buon anno”, ma lo fa a modo suo. Lo fa ricordandoci perché, nonostante tutto, possiamo guardare con fiducia il futuro.
La prima lettura di questa domenica, tratta dal libro dei Numeri, ci dice che Dio benedice le nostre vite, cioè “dice bene” di noi: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace». Spesso tendiamo a disprezzarci, a pensare che non valiamo, che siamo inutili e sbagliati. Dio ci guarda in un altro modo e vede in ciascuno di noi qualcosa di prezioso e di bello. Vede nelle nostre vite incompiute e sconclusionate delle storie piene di grazia. Una grazia che dobbiamo imparare a riconoscere tra le pieghe oscure di cui le nostre esistenze spesso sono fatte.
Nella seconda lettura San Paolo ci ricorda dove si radica questa benedizione di Dio: c’è in noi qualcosa di più profondo del nostro male e delle nostre sconfitte, qualcosa che più di tutto il resto definisce le nostre identità: il fatto di essere figli. Possiamo chiamare Dio “Padre”, anzi “Abbà” (papà, babbo).
Impariamo, come ha fatto Maria, a custodire queste cose nel nostro cuore, per farle diventare forma della nostra vita, sguardo sul mondo e su tutto ciò che accade. Solo così il 2023 sarà davvero un buon anno.
Don Davide