Il perdono di chi ci ha fatto del male è ciò che ci rende simili a Dio. Per contro, senza un’apertura all’insegnamento di Gesù sul perdono qualunque progresso spirituale o morale è illusorio.
Lo insegna il vangelo di questa domenica in cui Gesù racconta una storia per far comprendere cosa sia il perdono e su cosa si fondi. È la parabola del servo malvagio che, dopo essersi visto condonare un debito enorme, si rifiuta a sua volta di rimettere il debito a un suo pari che gli deve una cifra al confronto irrisoria.
La parabola mostra che il perdono manda all’aria l’idea umana di giustizia. La nostra giustizia si può infatti riassumere nella formula “unicuique suum tribuere” (che, non per niente, campeggia sopra l’ingresso della facoltà di Giurisprudenza), cioè nel “dare a ciascuno il suo”. Ognuno deve avere ciò che merita, nel bene e nel male. Il mondo va, o dovrebbe, andare avanti così. La giustizia di Dio è però un’altra cosa, non è contro la legge ma va oltre la legge. Dio rimette i nostri debiti al di là di ogni ragionevole misura.
Ognuno di noi sa quanto questo possa risultare affascinante quando lo consideriamo in astratto, ma terribilmente difficile quando abbiamo subìto dei torti, più o meno gravi, che ci hanno davvero ferito. Perciò non ci sono ricette da applicare. Ogni cammino di riconciliazione è una storia a sé e può assumere forme molto diverse, dalla rinuncia alla vendetta alla rappacificazione, dal riprendere un rapporto affettivo, di fraternità o di amicizia che si era interrotto al provare a pregare per chi ci ha fatto del male perché magari non riusciamo a fare altro. L’essenziale è che ascoltando questa pagina del vangelo chiediamo a Dio di farci andare oltre i nostri blocchi interiori e le nostre misure, aprendoci il cuore ad un cambiamento reale. È essenziale per entrare nel regno di Dio, cioè nella vita nuova che Cristo sta realizzando anche oggi nel mondo. Don Davide