Calendario liturgico e giornalino parrocchiale 28 aprile – 5 maggio 2024
[pdf id=’1649′]
[pdf id=’1649′]
Gesù Cristo ha un modo di concepire la vita che si pone come alternativo rispetto a quello del mondo. Non a caso qualcuno ha parlato del cristianesimo come di una “controcultura”, cioè di una visione del mondo e una prassi che in qualche modo si oppongono a quelle della mentalità dominante.
Il vangelo del buon pastore ne è un esempio evidente. Ci viene detto che la gioia, la pace, la bellezza della vita è nel seguire un altro. Certo, non uno qualsiasi, ma Cristo che ci conosce e dà la vita per ciascuno di noi.
Nel mondo in cui viviamo si sta sempre più affermando un’altra visione delle cose. Abbandonata la fede in Dio e crollate le grandi ideologie e visioni del mondo laiche, ciò che rimane è il proprio io come criterio ultimo del pensare e dell’operare. Seguire unicamente se stessi, ciò che piace, ciò che si ritiene giusto, ciò che ci può realizzare. Non c’è qualcosa di più grande di noi da amare e da seguire. Il risultato è un narcisismo che sta già provocando danni immensi nella vita di tante persone, generando una società di individui sempre più isolati.
Il vangelo di oggi invece segna la strada per la vera libertà, che non sta in un’affermazione di sé all’infinito ma nell’uscire da sé per perdersi in una comunione con Dio, con Cristo, tra di noi. È un seguire che non è alienazione ma un uscire dall’angusto recinto del proprio io per avventurarsi in una terra ignota in cui la persona si ritrova in un rapporto vitale con il buon pastore che la conduce verso territori in cui poter sperimentare un’esistenza rinnovata.
Don Davide
[pdf id=’1640′]
[pdf id=’1636′]
Il vangelo di questa domenica ci mostra una situazione molto comune anche oggi. Si può credere al messaggio di Cristo, pregarlo, dire di amarlo, ma in fondo non aver fede nel fatto che lui sia risorto, vivo, operante nel qui e oggi della nostra storia.
Gli apostoli lo avevano seguito per anni, condividendone la vita e sperando che sarebbe stato lui a liberare il popolo di Israele. Cristo era diventato il loro centro affettivo. Eppure di fronte al Risorto ciò che prevale è l’incredulità. L’evangelista Luca lo mostra in un modo persino ironico quando Gesù è costretto a chiedere qualcosa da mangiare per dimostrare di non essere un fantasma ma un uomo in carne e ossa. Dopo aver mangiato il Signore apre loro la mente all’intelligenza delle Scritture, mostrando che quanto gli è accaduto – una disfatta agli occhi degli uomini – è il compimento di una promessa antica: con la croce e la risurrezione Dio fa irruzione nel mondo, inaugurando “cieli nuovi e terra nuova”.
È lo stesso per noi. Finche non facciamo l’esperienza di Cristo risorto possiamo dire di credere in lui ma in fondo lo cerchiamo “tra i morti”, riducendolo nel migliore dei casi a un Dio lontano, che magari ci ama, ma non è davvero presente nelle vicende della nostra vita e del mondo. Dobbiamo invece riscoprire la risurrezione come il cuore dell’annuncio cristiano che continua a raggiungerci: Cristo risorto è presente, abita in mezzo a noi, continua a incontrare le persone e attraverso di esse a cambiare il mondo.
Don Davide