Il vangelo di questa domenica ci mostra una situazione molto comune anche oggi. Si può credere al messaggio di Cristo, pregarlo, dire di amarlo, ma in fondo non aver fede nel fatto che lui sia risorto, vivo, operante nel qui e oggi della nostra storia.
Gli apostoli lo avevano seguito per anni, condividendone la vita e sperando che sarebbe stato lui a liberare il popolo di Israele. Cristo era diventato il loro centro affettivo. Eppure di fronte al Risorto ciò che prevale è l’incredulità. L’evangelista Luca lo mostra in un modo persino ironico quando Gesù è costretto a chiedere qualcosa da mangiare per dimostrare di non essere un fantasma ma un uomo in carne e ossa. Dopo aver mangiato il Signore apre loro la mente all’intelligenza delle Scritture, mostrando che quanto gli è accaduto – una disfatta agli occhi degli uomini – è il compimento di una promessa antica: con la croce e la risurrezione Dio fa irruzione nel mondo, inaugurando “cieli nuovi e terra nuova”.
È lo stesso per noi. Finche non facciamo l’esperienza di Cristo risorto possiamo dire di credere in lui ma in fondo lo cerchiamo “tra i morti”, riducendolo nel migliore dei casi a un Dio lontano, che magari ci ama, ma non è davvero presente nelle vicende della nostra vita e del mondo. Dobbiamo invece riscoprire la risurrezione come il cuore dell’annuncio cristiano che continua a raggiungerci: Cristo risorto è presente, abita in mezzo a noi, continua a incontrare le persone e attraverso di esse a cambiare il mondo.
Don Davide
Quello che il Risorto dice ai suoi amici, incontrandoli dopo gli eventi drammatici della sua morte e risurrezione, lo dice ai discepoli di tutti i tempi, quindi anche a noi.
“Pace a voi”, innanzitutto. La parola “pace” va riscoperta, non solo per il fatto la troviamo a più riprese nei racconti della risurrezione, ma anche perché, stando al Nuovo Testamento, è una delle parole più descrittive dell’esistenza cristiana. Chi incontra Cristo continua a vivere le vicende del mondo, ma con la consapevolezza che lui è con noi e ha vinto il male e la morte. Questo non toglie la drammaticità dell’esistenza ma consente di vivere dentro un orizzonte che dà senso e speranza al vivere.
In secondo luogo, Gesù nello stesso episodio invia i suoi discepoli nel mondo a portare un messaggio di riconciliazione per tutto e per tutti. Il cristiano è mandato da Cristo stesso nelle strade del mondo, nelle nostre famiglie, nel quartiere, negli ambienti di studio o di lavoro per esser portatori di quell’amore che rinnova il mondo.
Infine nello stesso episodio si dice che Gesù dona lo Spirito Santo, cioè la vita stessa di Dio che abita in noi e ci rende una cosa sola con la comunità dei credenti.
Anche noi, come Tommaso, possiamo fare questa esperienza di Cristo risorto solo stando nella comunione di coloro che credono in lui e a lui riferiscono tutta la loro vita. Don Davide
Stare davanti alla croce: questo è il senso della settimana santa. Chiunque noi siamo, qualunque sia la nostra storia e la circostanza che stiamo vivendo, guardiamo la croce.
È lì che Gesù rivela chi è Dio. Poco prima di essere catturato ha detto: «Quando sarà innalzato da terra attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Questa affermazione dice il senso della morte in croce. Gesù dà tutto se stesso e si rivela come misericordia. Il suo cuore aperto diventa simbolo di un amore pieno e definitivo. Nel cuore di Gesù aperto dal colpo di lancia c’è spazio per ognuno di noi, per tutto ciò che siamo, per le nostre storie, le nostre speranze e le nostre croci.
Perciò il vero discepolo di Gesù è innanzitutto uno che si sente amato “fino alla fine”, come dice il vangelo di Giovanni.
Con la sua croce e risurrezione Gesù dà anche inizio a un mondo nuovo. Il costato aperto diventa il segno più eloquente che ormai la sua esistenza è completamente “aperta”. Ora egli è completamente “per l’uomo”. Non è più solo un singolo, ma è il “nuovo Adamo” dal cui fianco viene formata la “nuova Eva”, cioè l’umanità nuova. Parlando dell’acqua e del sangue che fuoriescono dal costato Giovanni fa riferimento ai sacramenti cristiani del battesimo e dell’eucaristia, e tramite essi alla chiesa, segno e strumento della comunione tra Dio e gli uomini. Cristo è l’inizio di un movimento nel quale l’umanità divisa viene riunita in un solo corpo.
Don Davide
Un gruppo di greci saliti a Gerusalemme vuole incontrare Gesù. Forse non è un caso che si rivolgano a uno degli apostoli che porta un nome di origine greca (Filippo), che a sua volta chiede aiuto a un altro apostolo con un nome greco (Andrea). Il significato della scena è piuttosto chiaro: Cristo è il salvatore del mondo intero. E il mondo sta finalmente cominciando ad accorgersi di lui.
Ma a questo punto la reazione di Gesù è diversa da quella che ci si sarebbe potuti aspettare. Invece di precipitarsi a conoscere i greci, comincia a parlare del significato della sua morte. Il discorso culmina in una dei versetti più belli del vangelo di Giovanni: «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me».
Gesù è venuto per salvare il mondo intero, e ciò avviene non attraverso un insegnamento morale o filosofico, ma con la morte in croce. Cioè attraverso il dono della sua vita. Gesù ama fino in fondo e dimostra così la passione che Dio ha per ogni essere umano di tutti i tempi.
È da lì, da quel suo essere “innalzato da terra”, che ha inizio un movimento che rinnova la storia, soprattutto per mezzo di tutti coloro che, uniti a lui e guidati dallo Spirito Santo, lo seguono sulla via della croce. È Gesù stesso a dircelo: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore». Il cristiano è una persona che, seguendo Cristo, impara a fare della sua vita un dono per il mondo.
Don Davide
L’inizio del vangelo di Marco contiene un annuncio dirompente. «Il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo». Si tratta di una parola rivolta a noi oggi, che chiede di essere presa molto sul serio. Cosa sta dicendo Gesù all’uomo di tutti in tempi? Cosa è questo Regno che è vicino (nel senso che sta arrivando e allo stesso tempo è già in mezzo a noi)? In che senso il cuore della buona notizia, a cui il Signore chiede di convertirsi, è questa misteriosa realtà a cui il vangelo di Marco richiama in continuazione?
Il Regno di Dio non si può spiegare con dei concetti, ma è una vita in cui si entra con tutto se stessi. Ecco perché Gesù userà le parabole per parlarne. Il Regno è il nostro mondo completamente rinnovato, una nuova creazione che con Cristo morto e risorto comincia a farsi spazio nella storia. Non in modo trionfante, non travolgendo di colpo il male e le contraddizioni, ma come un seme che feconda la realtà in cui viviamo. Un Regno che viene nel segno dell’umiltà, della piccolezza, perfino del nascondimento. Eppure una realtà capace di “far nuove tutte le cose”.
La seconda parte del vangelo di questa domenica ci dice una cosa importante. Gesù dopo aver annunciato il Regno, chiama delle persone a seguirlo e comincia a formare attorno a sé una comunità. Il Regno è anzitutto una questione di rapporti umani nuovi, un modo di stare insieme che diventa segno e strumento di unità di tutto il genere umano.
Don Davide
La prima lettura, del profeta Isaia, è un grande invito alla gioia e allo stesso tempo solleva tante domande per noi cristiani di oggi. Ci dice che il lieto annuncio viene portato ai miseri, che Dio stesso sta venendo nel mondo a soccorrere chi ha il cuore spezzato, a liberare chi è prigioniero, a riscattare gli schiavi. Il vangelo in fondo è solo questo. Non un sistema di dottrine e di leggi, a cui tante volte tendiamo a ridurlo, piuttosto la notizia di un Dio che non viene a giudicare il mondo ma a riconciliarlo con sé, un Dio a cui stiamo a cuore così come siamo e nonostante tutto.
Il vangelo di questa terza domenica di avvento è sulla stessa lunghezza d’onda. Il protagonista è Giovanni Battista, uno che non ha certo fatto sconti a coloro che lo ascoltavano. La sua predicazione aveva messo il dito nella piaga dicendo senza mezze misure che Israele aveva fallito, preso strade sbagliate e ormai non aveva più alcuna possibilità di riprendersi. Sembra la fotografia dell’umanità di oggi. Allo stesso tempo Giovanni annuncia che sta arrivando nel mondo qualcuno di infinitamente più grande di lui che avrebbe portato pace, perdono, salvezza. In altre parole, annuncia un nuovo inizio. È ciò di cui il mondo, noi per primi, ha bisogno anche oggi.
In questo senso l’ordinazione diaconale di Andrea, seminarista della nostra parrocchia, è un meraviglioso segno del fatto che Dio tocca anche oggi il cuore delle persone e le chiama ad essere protagoniste di un annuncio che continua a percorrere le strade del mondo.
Don Davide